Saper..ridere
- Daniela Raffa
- 7 feb 2021
- Tempo di lettura: 2 min
Aggiornamento: 17 ott 2022
Una delle armi di cui si servono coloro che ritenendosi “più forti” mettono in atto comportamenti di sopraffazione sui “più deboli” è la derisione : sia essa connessa all’aspetto fisico, al modo di parlare, a scelte e o abitudini di vita, rappresenta un elemento fortemente nocivo nelle relazioni, soprattutto nel momento in cui chi, essendone oggetto, dopo aver manifestato il disagio psicologico derivante da essa viene accusato di non avere il senso dell’umorismo e, per questo, nuovamente deriso. In questi casi si ignora per superficialità o si finge di ignorare, in malafede, il fatto che il senso dell’umorismo non abbia, in realtà, nulla a che vedere con la derisione. Tra le varie definizioni di umorismo trovo più calzante quella di Carlo Cipolla: L’umorismo è ridere con gli altri. Un sano umorismo favorisce buone relazioni incidendo sia a livello affettivo che cognitivo. Secondo Pirandello l’umorismo nasce dal sentimento del contrario, che fa piangere e ridere su paradossi e assurdità della vita; anche Bateson attua un accostamento tra umorismo e paradosso, ipotizzando il primo si fondi sul secondo che, in ottica sistemica, va inteso come una contraddizione logica che deriva da una deduzione corretta a partire da premesse coerenti. L’umorismo può essere utilizzato nei più svariati contesti, purchè chi lo innesca non si senta in qualche modo minacciato dalle risate degli interlocutori. I termini umorismo, ironia e sarcasmo vengono spesso utilizzati come sinonimi, in realtà tra essi intercorrono differenze significative, di cui è bene acquisire consapevolezza. Se l’umorismo favorisce un clima interpersonale più sereno, il sarcasmo, al contrario, è volto allo scopo di mortificare e svilire l’interlocutore: il piacere, in un dibattito sarcastico, nasce proprio dall’umiliare chi ne è oggetto. Pur essendo contraria alle assolutizzazioni, nel caso specifico mi sento di dire che il sarcasmo non potrà apportare nulla di veramente positivo nelle relazioni, in quanto sarcasmo non è ridere con l’altro, piuttosto, deridere l’altro. In tutto questo dove si colloca l’ironia? E’ difficile tracciare nette linee di demarcazione, ma, per semplificare, la si può immaginare in una posizione intermedia di questa sorta di continuum: se, infatti, umorismo è ridere con l’altro e sarcasmo deridere l’altro, ironia è ridere dell’altro non al fine di squalificarlo, piuttosto di fargli riacquisire un sano distacco da cose rispetto alle quali appare ipercoinvolto, aiutandolo a cogliere gli aspetti ridicoli della situazione. Anche l’autoironia (ironia rivolta verso di sé) può rappresentare un’importante risorsa: essa somma svariati fattori psicologici che contribuiscono a star bene con sé e con gli altri, pertanto diventa uno strumento di autoformazione anche per noi terapeuti. L’autoironia è la capacità di ironizzare sui nostri difetti, sulle nostre mancanze, su aspetti che ancora non abbiamo sviluppato, ma non per questo, sono da cancellare o debellare; in quest’ottica imparare a ridere di sé equivale a raggiungere un’importante complicità interiore, saper ridere di sé, del proprio partner e delle peculiarità che contraddistinguono il rapporto può rappresenta un valore aggiunto in quanto potenzia l’intesa di coppia.
Daniela Raffa
(Psicologa- Psicoterapeuta)
Bibliografia
Cipolla C.(1988) Allegro ma non troppo, Il Mulino
Sitografia
https://www.tragicomico.it/ridere-di-se-stessi-autoironia/
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