“Cu cunta metti a giunta”: il pettegolezzo tra pseudobenefici e reali danni
- Daniela Raffa
- 2 mag 2021
- Tempo di lettura: 3 min
Aggiornamento: 17 ott 2022
Qualche anno fa una mia paziente, ripercorrendo alcuni eventi salienti della sua storia personale, mi raccontò che, da giovane, ipotizzando che l’ambiente di lavoro nel quale era inserita fosse “poco sano”,volle fare una sorta di prova del nove dicendo ad un collega una cosa non vera: nel giro di qualche giorno la “fake news” fece il giro di tutto l’ufficio, non senza modifiche o aggiunte volte a “colorarla” ulteriormente. La signora smentì il tutto in maniera ufficiale, invitando i colleghi a riflettere su quanto potesse essere pericoloso credere a tutto ciò che udivano e, soprattutto, diffondere incautamente notizie riguardanti terze persone. Ritengo che la definizione più consona di pettegolezzo sia quella di chiacchiera indiscreta e malevola sul conto di qualcuno. Nell’immaginario collettivo i pettegolezzi sono prerogativa femminile: viene ancora utilizzata l’espressione “comari alla finestra”, indicando, solitamente, presunte casalinghe presuntamente frustrate che spiano le vite altrui facendone oggetto dei propri discorsi. In realtà questo è solo uno dei tanti stereotipi duri da sradicare. Non credo che la diffusione del pettegolezzo sia connessa a differenze significative riguardanti genere, età, titolo di studio, professione, etc., tutt’al più questi fattori potranno andare ad incidere sulle modalità attraverso le quali essa avverrà. A quali bisogni risponde il pettegolezzo? Talora esso può creare l’illusione di avere degli alleati, nella misura in cui si pensa, erroneamente, di rafforzare il “noi” contrapponendolo a un “lui/lei/loro”. In realtà due o più persone che si uniscono ai danni di un terzo non formano un’alleanza ma una coalizione: perché si parli di alleanza, infatti, è necessario tendere alla costruzione di obiettivi comuni che esulano dal danneggiare, in qualunque modo, altre persone. Spesso, inoltre, si prova a mettere a tacere la propria invidia non elaborata (per chi volesse approfondire consiglio l’articolo “Così non va bene, lui è troppo felice. Origini e insidie dell’invidia patologica”) creando una pseudocomplicità con l’interlocutore, di cui si sta tentando di influenzare il pensiero e che, in alcuni casi, si sta cercando di “controllare”. Un altro vantaggio che a volte si crede di ottenere tramite il pettegolezzo è quello di sentirsi più forte: sminuendo una o più persone ci si illude di porsi al di sopra di esse e “nel giusto”: in realtà per elevare il livello di autostima sarebbero molto più efficaci altre strategie, quali, ad esempio, rafforzare le proprie competenze (anche relazionali), avvalersi dell’aiuto di un professionista per acquisire maggiore consapevolezza delle proprie risorse e dei propri limiti, lavorare sulle proprie insicurezze, etc. Qualcuno potrebbe obiettare che non sempre il pettegolezzo risulta nocivo e, soprattutto, che esiste dai tempi dei nostri antenati. (Si ipotizza, in effetti, che a un certo punto dell’evoluzione l’Homo Erectus, inserito in gruppi sempre più numerosi, fu costretto a sostituire la tradizionale forma di grooming, fino ad allora consistente in pulizia reciproca quasi ossessiva, tra gli individui del gruppo, con una più celere, sempre finalizzata a rafforzare lo spirito gregario,cioè prima una gestualità più ampia e poi un linguaggio via via più strutturato e che esso fu utilizzato, nel tempo, non solo come veicolo di informazioni importanti, ma anche di frivolezze e “gossip” ). Personalmente ritengo che, al di la’ di quali siano le origini del pettegolezzo, un’eventuale connotazione positiva di esso sia applicabile solo nei (pochi) casi in cui risulti realmente innocuo, ad esempio qualora riguardi l’abbigliamento dei conduttori di Sanremo o lo scontro acceso e pubblico tra noti esponenti di un partito. Qualora, invece, il pettegolezzo vada a ledere una o più persone inficiandone la credibilità, incrinando uno o più rapporti, ostacolando la realizzazione di alcuni obiettivi etc. la sua valenza sarà sempre negativa. Analizzando il fenomeno da una prospettiva circolare ritengo che esso non riguardi solo diffusore del pettegolezzo/uditore (che potrebbe trasformarsi in diffusore 2 e in maniera strumentale oppure per inferenze utilizzate inconsapevolmente colorare ulteriormente le dicerie)/ vittima, ma tutto il contesto nel quale esso ha origine e si radica (o talora, anche se più raramente, si dissolve).
Daniela Raffa
(Psicologa- Psicoterapeuta)
Bibliografia
Pasqua L., Il pettegolezzo. Tra malizia e superficialità, Paoline Editoriale Libri (2019)
Sitografia
https://www.centropagina.it/benessere/psicologia-pettegolezzi-motivazioni-significato/
https://viverepiusani.it/pettegolezzo-riconoscerlo-neutralizzarlo/
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