“Così non va bene, lui è troppo felice”: origini e insidie dell'invidia patologica
- Daniela Raffa
- 27 dic 2020
- Tempo di lettura: 5 min
Aggiornamento: 16 ott 2022
Esistono diverse definizioni di invidia, ho scelto di riportare qui due di esse in quanto ritengo rendano l’idea delle forme principali di un fenomeno forse più complesso di quanto si potrebbe pensare. La prima rimanda a quel Sentimento di astiosa irritazione di fronte alla ricchezza, al successo, alla felicità, alla fortuna o alle qualità altrui, mentre con la seconda si può intendere il Vivo desiderio di avere lo stesso bene di altri. Premesso che questa distinzione non ha la pretesa di essere assoluta e che conoscere la peculiarità di un dato contesto è imprescindibile ai fini di un’analisi attenta e profonda dalla quale, in alcuni casi, potrebbero emergere situazioni “al confine” tra la prima e la seconda forma di invidia, vorrei approfondire le implicazioni di ognuna di esse. Se il tipo di invidia sperimentata coincide con la seconda definizione o comunque si avvicina ad essa, le qualità altrui verranno riconosciute e in alcuni casi si trarrà spunto dai successi conseguiti dal parente/amico/collega/conoscente per elaborare e mettere in atto strategie volte a migliorare la propria condizione; alcuni autori definiscono questo tipo di invidia sana, personalmente ritengo preferibile parlare di invidia mitigata nel caso in cui si manifesti sin dall’inizio come appena descritto e di invidia elaborata in quello in cui l’assunzione di questa forma rappresenti l’esito di un lavoro su se stessi, rispetto all’importanza del quale mi soffermerò più avanti. Qualora, invece, si provi astiosa irritazione verso ciò che fa stare bene altri (prima definizione), si tenderà a disprezzarli attribuendo i loro successi a cause che prescindono dalle loro risorse e potenzialità e, in alcune situazioni, si metteranno in atto tentativi di sabotaggio: in presenza di entrambe le condizioni (invidia provata nei confronti di qualcuno e agita contro di esso) si parla di invidia patologica, le cui conseguenze possono essere da spiacevoli a gravissime sia per coloro che la subiscono sia per coloro che la nutrono. Pochi mesi or sono siamo stati colpiti dalla tragica notizia riguardante l’omicidio perpetrato ai danni di una giovane coppia di Lecce e, forse ancor di più, dal movente indicato da chi l’aveva messo in atto: “Erano troppo felici”. Si tratta, chiaramente, di una situazione limite, i cui approfondimenti stanno avendo luogo nelle opportune sedi: tuttavia le estremizzazioni con cui, in alcune condizioni, un fenomeno si manifesta possono darci delle indicazioni concernenti la potenziale portata e pericolosità di esso. Spesso, infatti, l’invidia patologica uccide in altro modo: calunnie, maldicenze, insinuazioni, mezze verità rappresentano solo alcune delle armi invisibili di cui si serve per demolire l’altro. In ambito professionale essa può essere una delle cause di mobbing o di straining, numerose sono le testimonianze di lavoratori che hanno subito sottrazione di strumenti utili, rimproveri sistematici e del tutto arbitrari, accuse infondate, emarginazione, demansionamenti, con tutti i danni che ne derivano sul piano dell’equilibrio psicofisico: disturbi psicosomatici, ansia, depressione, attacchi di panico sono alcune tra le possibili conseguenze. In altri casi l’invidia patologica va a ledere la sfera privata di una o più persone: chi la prova sa spesso insinuarsi nei rapporti altrui aspettando il momento propizio per seminare zizzania e sebbene una relazione interpersonale costruita su basi solide difficilmente verrà demolita, potrebbe comunque essere soggetta a scossoni non indifferenti, con probabili ripercussioni, anche in questo caso, sulla sfera della salute. In determinate situazioni chi invidia in maniera patologica una relazione tra due o più persone fa leva sulle fragilità di cui anche un rapporto molto forte è caratterizzato e le strumentalizza per perseguire il proprio scopo che consiste, appunto, nell’uccidere la felicità altrui. I social, molto utili per alcuni versi e altrettanto dannosi per altri, contribuiscono all’amplificazione di questo fenomeno nella misura in cui consentono di carpire informazioni riguardanti la vita altrui, di deformarle adattandole ai propri fini e pronunciando frasi tipo “Ho visto una foto di X e Y insieme, come mai non eri con loro? Pensavo usciste sempre insieme, siete cosi amiche”… “Z ha organizzato una cena di recente, come mai tu non sei stato invitato?”… “Tua sorella ieri sera non ha risposto al tuo messaggio, ma l’ho vista online”… “Tuo marito posta più foto dei vostri cani che di voi insieme”… in realtà magari X ed Y non avevano coinvolto la terza amica perché sapevano che quel giorno non avrebbe potuto unirsi a loro, Z si era attenuto alle norme anticovid invitando solo poche persone per volta per mantenere il distanziamento, la sorella vista online stava fornendo ad un’amica con problemi di salute il numero di uno specialista, il marito in questione sapeva che alla moglie non piaceva troppo l’idea di apparire sui social… tutti particolari che questa gente a volte conosce e finge di ignorare, altre volte realmente ignora, ma solo perché, pur di raggiungere il proprio fine (allontanare due o più persone) si limita ad un’analisi superficiale dei fatti. Si potrebbe obiettare che alcuni degli esempi citati siano riconducibili più alla gelosia che all’invidia… premesso che non sempre è possibile tracciare nette linee di demarcazione e che in alcuni casi esse si intrecciano, con conseguenze potenzialmente ancora più nefaste sul piano dell’agito (soprattutto nei casi in cui anche la gelosia assuma connotazioni patologiche), vi è comunque una differenza di fondo: la gelosia è contraddistinta dal desiderio di recupero o di mantenimento di un bene considerato prezioso, per cui chi la sperimenta teme che gli venga sottratto qualcosa da qualcuno (in termini materiali o più spesso affettivi), invece, chi nutre invidia patologica desidera sottrarre qualcosa a qualcuno. Quali sono le radici dell’invidia patologica? L’eziologia del fenomeno è multifattoriale, per cui vanno considerati diversi elementi: le caratteristiche di personalità, la storia personale e familiare di colui/colei che prova invidia, il contesto storico e socioculturale di appartenenza. Essere cresciuti con dei genitori o altre figure di riferimento scarsamente empatiche e, quindi, non aver beneficiato di quelle interazioni funzionali ad imparare ad amarsi e ad acquisire un ottimale senso di sicurezza, aver frequentato una scuola che lanciava il messaggio “Devi essere il primo” puntando non su una sana collaborazione, ma su una disfunzionale competizione col gruppo dei pari, avere sperimentato varie frustrazioni in diversi ambiti, potrebbe determinare profondo senso di vulnerabilità, eccessiva sensibilità ai fallimenti, bassa autostima e scarsa o nulla tolleranza al confronto; in questa cornice l’invidia patologica troverebbe, molto probabilmente, terreno fertile e mieterebbe più vittime. Essa, infatti, è stata a ragione definita un coltello a doppia lama in grado di ferire chi la subisce e di corrodere chi la nutre: va da sé che elaborarla anziché agirla in maniera disfunzionale aiuterebbe a risparmiare a se stessi e agli altri sofferenza. Per elaborare l’invidia è necessario che l’immagine di sé, minata da una storia sociofamiliare che non ha consentito l’appagamento, se non in misura molto parziale, di alcuni bisogni psicologici, venga ricostruita in una maniera integrata che consenta di acquisire consapevolezza delle proprie risorse, dei propri limiti e, soprattutto di non assolutizzarne la portata. Non vivere più come totalizzanti i traguardi non raggiunti in ambito professionale, interpersonale, etc., ma contestualizzarli all’interno della propria storia di vita aiuterà ad essere più sereni e, di conseguenza, meno inclini a sabotare la felicità altrui, che potrà invece essere presa come spunto per tentare il conseguimento della propria. A tal fine è consigliabile un percorso terapeutico, la cui premessa o comunque fase iniziale è costituita dalla presa di coscienza di ciò che si prova: solo conoscendo il nemico (invidia patologica), infatti, lo si può sconfiggere o, in alcuni casi, trasformare in alleato (invidia elaborata).
Daniela Raffa
(Psicologa- Psicoterapeuta)
Sitografia
https://www.stateofmind.it/invidia/
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